Introduzione
TARDELLINO (旧时邺下刘公干,今日辽东管幼安)
读过 Decameron
omg,原来彼特拉克和薄伽丘之间的关系这么不对等的吗。。。
Certamente a Marino fu risparmiata l’umiliante gioia di vedersi tradurre in latino, con perfida eleganza, la novella di Griselda: una sola di cento, la sola salvabile dal necessario naufragio di tutte le altre novantanove, e proposta come esemplare paradigma di virtù (De insigni obedientia et fide uxoris). È questo il famoso atto finale di un rapporto ventennale tra Petrarca e Boccaccio che meriterebbe una nuova attenzione, e non solo pensando a quanto vi si gioca sul piano letterario e culturale, peraltro ampiamente documentato e studiato, ma anche sul piano dei rapporti personali, che sembrano profilare inquietanti implicazioni tra i due soggetti in relazione, se uno è tanto più forte dell’altro e nulla fa per sfumare o attenuare questa evidenza, neppure per ragioni di umana cortesia.
C’è poco da fare e da dire, inseguendo troppo creative argomentazioni per restituire il Decameron alla Biblioteca dei libri seri e per bene. Non si può non dare credito al gesto disdegnoso di Petrarca, che sfoglia controvoglia e con ripulsa le pagine del Decameron e le certifica come «iocosa et lenia», irriducibili a ogni metamorfosi interpretativa che possa renderle «pia et gravia»: a meno che qualcuno non riscriva tutto quello che è riscrivibile, magari in latino. Non si può non riconoscere in quel gesto un atto a futura memoria, in grado di orientare i destini della nostra letteratura, volgare e latina: per fortuna con tutte le contraddizioni che potranno emergere, nelle pieghe o nelle crepe di quel vincolo alle cose «pia et gravia», strappando qualche raro diritto di cittadinanza alle «iocosa et lenia».
Sia chiaro: nell’aprile 1373 Petrarca non ha tempo da perdere, vecchio malato stanco incattivito come è (morirà un anno dopo, il 19 luglio 1374). La sua stessa onnivora curiosità di lettore bulimico si è fatta ferocemente iperselettiva: gli basta sfogliare e leggiucchiare qua e là. Ma perché solo nel 1373, quando ha tutt’altro da fare, e non prima, incontra il Decameron, lo annusa, lo sfoglia, lo maltratta, e poi decide di tradurne una novella, anzi quella novella e nessun’altra? Possibile che per venti anni non ne abbiano mai parlato, Petrarca e Boccaccio? Impossibile rispondere, ma il gesto di Petrarca che traduce Griselda dischiude una scena certamente affascinante e inquietante, che è pure la svolta decisiva (o il crinale epocale, come amavamo dire una volta) della nostra “letteratura”.
Tornare su questo episodio di eccezionale rilievo, anche simbolico, potrebbe consentire di riprendere la riflessione intorno alla fragilità del Decameron rilevata nella sottile discrasia tra il progetto del corpo testuale e il progetto del corpo librario e in particolare nella inventio delle «vaghe donne» come perno del sistema. Petrarca è spietato nell’accentuare quella fragilità fino al punto di rottura, giocando sfacciatamente Griselda contro le «vaghe donne» (banali errori di gioventù: prurigini e polluzioni), e soprattutto normalizzandola da ogni residuo del suo nativo volgare: altro che lettrici, poi. Perché la nuova “letteratura” non potrà mai più essere cosa da volgo e tanto meno da donne, sarà cosa da litterati: potrà e dovrà certamente dilettarli, ma in tutt’altro modo. Non più con queste cose «iocosa et lenia», bensì con cose «pia et gravia». Buon divertimento!
TARDELLINO对本书的所有笔记 · · · · · ·
-
Introduzione
Il Decameron non ha antenati e neppure eredi, è senza famiglia: la forma della novella...
-
Introduzione
La forma del Decameron dice tutto questo, e tanto altro, inventando la centralità dell...
-
Introduzione
-
Nota al testo di Maurizio Fiorilla
Del manoscritto si erano perse le tracce dopo la seconda guerra mondiale; a disposizion...
-
GIORNATA PRIMA
Scheda introduttiva, 1.2 Comune ai due racconti è inoltre la valorizzazione dell’inte...
说明 · · · · · ·
表示其中内容是对原文的摘抄